Nacque a Venezia nel 1470 dalla famiglia patrizia dei Bembo, da Bernardo – ambasciatore della Serenissima – e da Elena Morosini. Pietro Bembo iniziò a viaggiare sin da piccolo proprio grazie al ruolo ricoperto dal padre.
Dal 1478 al 1480 seguì il padre a Firenze, dove entrò in contatto con il volgare fiorentino, lingua che preferirà per tutta la vita anche al veneziano. Sempre seguendo il padre nella sua attività di diplomatico, Pietro arriva a Roma per la prima volta nel 1487, dal 1488 al 1490 sarà a Bergamo, per poi tornare a Venezia.
Nel 1492 andò a Messina per due anni al fine di studiare il greco alla scuola di Costantino Lascaris. Da questa esperienza Bembo trasse un’operetta in latino
De Aetna, pubblicata da Aldo Manuzio nel 1496. Nel 1494 ritornò a Venezia e seguì i corsi di filosofia a Padova.
Bembo fu a Ferrara prima tra il 1497 e il 1499 e poi nel 1502, anni in cui scrisse gli
Asolani. Sempre durante gli anni ferraresi conobbe e si innamorò di Lucrezia Borgia. Un amore importante della sua vita, come è documentato da un intenso scambio epistolare, fu quello per Maria Savorgnana. Tra il 1506 e il 1511 Bembo fu alla corte di Urbino, dove intraprende la carriera ecclesiastica (1508), che sfocerà nella sua nomina a cardinale nel 1539. Successivamente, seguendo Giulio de’ Medici, giunse a Roma. Nel 1513 gli venne affidato da Leone X la carica di segretario ai brevi.
Tra il 1512 e il 1513 Bembo entrò in polemica, in forma epistolare, con Pico sul problema dell’imitazione dei classici. Se il primo, più interessato all’espressione, arriva a sostenere la possibilità di imitare gli autori volgari come quelli antichi, ma solo adottando il modello unico – Petrarca e Virgilio per la poesia, Boccaccio e Cicerone per la prosa –, Pico, partendo da un interesse e presupposti filosofici, sostiene la tesi eclettica, secondo la quale non bisogna imitare solo alcuni degli autori del passato ma tutti i buoni autori e mai pedissequamente, per salvaguardare l’atto creativo.
Dopo la morte di Leone X, avvenuta alla fine del 1521, Bembo si trasferì a Padova. Qui convisse con l’amante Faustina Morosina della Torre, dalla quale ebbe tre figli. In questi anni concluse l’opera, iniziata già qualche anno prima,
Prose della volgar lingua, che pubblicò a Venezia nel 1525. L’opera ebbe un grande peso per la storia dello sviluppo della lingua italiana: in essa Bembo sostiene la pari dignità tra volgare fiorentino e latino, e propone come modelli da seguire Petrarca e Boccaccio.
Nel 1529 ritornò a Venezia dove ricoprì l'incarico di storiografo della Repubblica di Venezia e bibliotecario della Biblioteca Nicena (la futura Marciana). In virtù di questo ruolo scrisse
Rerum veneticarum libri XII (dall’autore stesso volgarizzata con il titolo
Historia veneta), pubblicata solo nel 1551, dopo la morte di Bembo, che avvenne nel 1547.
Opere dell'autore:
|
(1809)
Istoria vinitiana |